sabato 24 marzo 2012

NICHI VENDOLA: ARTICOLO 18 OSSESSIONE INACCETTABILE.IL RESTO E' SOLO PROPAGANDA.




E’ davvero imbarazzante l’atteggiamento del governo Monti, a fronte di un’Italia che sta vivendo una sofferenza, un disagio straordinario. Di fronte a notizie di suicidi di chi non riesce a trovare lavoro, di fronte alla disperazione di un’intera generazione di ragazzi e ragazze , assediata dalla precarietà. L’unica ossessione del governo Monti è quella di recidere il legame con la nostra cultura democratica.
Cancellare l’articolo 18, manipolarlo, deformarlo, significa semplicemente portare lo scalpo della civiltà del lavoro presso i potentati della finanza internazionale. Questo è francamente inaccettabile.
I conservatori italiani che hanno voluto questo colpo di mano stiano comunque tranquilli: la Cgil non è certo isolata nel Paese. E farà valere le ragioni di milioni di italiani, nell’interesse del futuro dell’Italia
Compito del centrosinistra in Parlamento e nelle piazza, ora, è di non lasciare solo il proprio popolo.

Nichi Vendola,
Presidente Nazionale
Sinistra Ecologia Libertà

Mercoledi 21 marzo 2012

http://www.sinistraecologialiberta.it/vetrina/art-18-ossessione-inaccettabile-il-resto-e-propaganda/

8 commenti:

  1. RIFORMA DEL LAVORO ? NON IN NOME DEI GIOVANI.

    Pubblichiamo la lettera aperta indirizzata al Presidente Monti e al Ministro Fornero da giovani sindaci, amministratori e consiglieri sulla riforma del lavoro.

    Riforma del lavoro: not in my name, s’il vous plait

    Egregio Presidente del Consiglio,

    Egregia Ministro,

    Vi scriviamo questa lettera, riservandoVi tutto il rispetto che meritate, per spiegare le ragioni del nostro disaccordo con le Vostre idee in merito alla riforma del mercato del lavoro oggi in discussione.

    Ci sono due elementi che ci accomunano, distinguendoci, al contempo, da Voi: in primo luogo, molti di noi sono stati democraticamente eletti e, più in generare, per i ruoli e le funzioni che svolgiamo, pensiamo di rappresentare alcune migliaia di donne e uomini della nostra generazione. In secondo luogo, tutte e tutti noi siamo nati dopo il 20 maggio del 1970, sicché crediamo di poterci definire, a conti fatti, “giovani”. La scelta di porre il discrimine alla data di entrata in vigore dello Statuto dei lavoratori è, con ogni evidenza, arbitraria e simbolica, ma costituisce la sola, piccola, libertà che ci concediamo, in questo scritto: per il resto, tenteremo di essere rigorosi, senza però rinunciare a esprimere un punto di vista.

    Oggi non vogliamo dar conto delle mille difficoltà di una generazione – che oramai è più d’una – ben “rappresentata” (sul piano della rappresentazione), pur essendo assai poco rappresentata (sul piano della rappresentanza). Vogliamo concentrarci non sui problemi, ma sulle soluzioni, poiché quelle che immaginate ci paiono sbagliate, inefficaci e controproducenti.

    Avete detto a più riprese che ai tavoli di discussione sulla riforma, nessuno ci rappresenta. Sicché, forse in perfetta buona fede, avete dichiarato di volerla comunque portare a compimento, in nostro nome. Eppure c’è un problema di coerenza tra mezzi e fini.

    Vi ponete l’obbiettivo di ridurre il dualismo del mercato del lavoro e contrastare il fenomeno della precarietà, favorendo l’occupazione delle fasce più deboli della popolazione, e in particolare dei giovani. Al contempo, intendete rivedere il sistema degli ammortizzatori sociali, generalizzando le forme di sostegno al reddito sì da coinvolgere i molti soggetti che ne sono, all’oggi, sprovvisti.

    Ci sentiamo di condividere questi obbiettivi, ma riteniamo inadeguate le misure che state predisponendo per raggiungerli. L’aspetto meno sensato del Vostro disegno riguarda il tema della c.d. flessibilità in uscita e, più in particolare, la connessione che stabilite tra le misure in cantiere e la riforma del sistema degli ammortizzatori sociali. Secondo la Vostra idea gli imprenditori sarebbero restii ad assumere nuovi lavoratori per la difficoltà che potrebbero incontrare al momento del licenziamento. Quindi per favorire l’occupazione dei giovani – intesa come porta d’accesso alla cittadinanza sociale – andrebbero rese più flessibili le regole sui licenziamenti.

    Il limite di questo ragionamento sta nel considerare aspetto marginale della cittadinanza sociale la stabilità dei rapporti di lavoro, incarnata, in Italia, dall’art. 18. Ora, questa norma, diversamente da ciò che si dice o si lascia intendere, non impedisce affatto il licenziamento, ma si limita a prevederne l’inefficacia quando manchi una giusta causa o un giustificato motivo soggettivo (e cioè attinente alla condotta del lavoratore) o oggettivo (e cioè attinente alla gestione dell’impresa da parte del datore di lavoro). La conseguenza prevista dall’art. 18 per i casi di licenziamento illegittimo è la reintegrazione del lavoratore nel posto di lavoro, ossia il più antico ed efficace dei rimedi contro gli abusi.


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  2. Una generazione che dimora da tempo nelle sacche della precarietà – esposta com’è al ricatto del mancato rinnovo di un contratto a termine, alla revoca improvvisa di un incarico di collaborazione a progetto o all’aleatorietà della committenza – ha chiaro il contenuto di questo diritto (pur non avendone quasi mai goduto, e forse proprio per questo!) quanto ce lo ha chiaro un operaio metalmeccanico della FIAT di Melfi: tale diritto è prezioso non soltanto al momento del licenziamento, ma anche e soprattutto durante il rapporto di lavoro, essendovi condizionato l’esercizio di ogni altro fondamentale diritto (sindacale, retributivo, alla professionalità, alla sicurezza sul lavoro ecc.). Questi diritti, anche se riconosciuti formalmente, resterebbero “muti” se il datore di lavoro potesse liberarsi di un lavoratore sgradito senza controllo sulla motivazione del licenziamento (soggettiva o economica che sia) e senza un efficace rimedio per i casi d’illegittimità.

    Per questa ragione, siamo del tutto contrari all’abolizione dell’art. 18 e siamo altrettanto contrari a una sua esclusione o sospensione per i (soli) rapporti di lavoro dei giovani, perché ciò comporterebbe un’inaccettabile discriminazione. Questa soluzione, adottata in Francia nel 2006 con il Contrat Première Embauche, mandò letteralmente a fuoco il Quartiere Latino, tanto che il Governo francese si vide costretto a ritirarla, tra l’entusiasmo dei maggiori opinionisti europei e italiani. Stupisce che, nell’Italia di oggi, quel punto di vista sia così disinvoltamente sacrificato sull’altare dello spread.

    Non ci persuade, poi, l’idea che le garanzie riconosciute ai lavoratori anziani siano causa delle difficoltà dei più giovani, e ancor meno ci convince la trovata del salvifico baratto tra diritti nel rapporto di lavoro e diritti nel mercato del lavoro (intesi come formazione, politiche attive e, soprattutto, forme di sostegno al reddito nei momenti di non-lavoro). Gli uni e gli altri sono complementari e non alternativi, per la semplice ragione che assolvono funzioni diverse, chiamando in causa soggetti e responsabilità di natura diversa: le tutele nel rapporto hanno a che fare con la sfera del potere privato, e sono orientate – come l’art. 18 – a riequilibrare un rapporto che è naturalmente asimmetrico; quelle nel mercato servono a proteggere i lavoratori (dipendenti o indipendenti che siano) dal rischio della mancanza del lavoro, e chiamano in causa anche i poteri pubblici. Che vi sia connessione anche con il tema dei licenziamenti è fuor di dubbio: con quelli legittimi, però, ossia provvisti di una giustificazione.


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  3. È mai possibile che si debba usare toni così didascalici per dire l’ovvio? È mai possibile che diritti di cui abbiamo assoluto bisogno, come misure di sostegno al reddito, universali e generalizzate, diventino merce di scambio per un calcolo improprio, a fattori disomogenei e a saldo sempre negativo per tutti? Verrebbe quasi da dubitare della tecnica dei tecnici, se non vi fosse un più grande paradosso: è mai possibile che, dieci anni or sono, per rendere fluido il (troppo rigido) mercato del lavoro italiano e innalzare il tasso d’occupazione la ricetta fosse “flessibilità flessibilità flessibilità”, mentre oggi che si deve superare il dualismo di quel mercato e ridurre la precarietà la ricetta migliore è… “flessibilità flessibilità flessibilità”? Ricordiamo il mantra degli anni ’90: “dateci flessibilità e l’occupazione salirà, i salari saliranno”. È sconcertante che nessuno chieda conto delle promesse mancate e delle soluzioni sbagliate che furono date a un problema che ora esplode in tutta la sua drammaticità.

    A nessuno viene in mente che i diritti possano essere estesi oltre l’alveo delle imprese con più di quindici addetti, oltre il lavoro subordinato e, in parte, oltre il lavoro tout court?

    Egregio Presidente, egregia Ministro, siamo disposti a discutere di tutto, purché si cerchino soluzioni vere a veri problemi. Se il 18 costa troppo, perché il processo dura troppo, non si tagli il giudice, si tagli il processo. Se la precarietà è una piaga, non ci si affondi il coltello, si curi la ferita. Se servono i soldi per garantire un sostegno al reddito, li si prenda dove sono, non dove sono sempre meno.

    Con questa lettera intendiamo dirvi con chiarezza che non siamo disposti ad arruolarci per la guerra tra poveri. Noi diserteremo questa guerra. Ripensateci, finché siete in tempo. Se invece darete seguito alla “riforma” che avete sino ad oggi immaginato, non esiteremo a batterci, con tutta la forza che siamo in grado di mettere in campo, per una proposta diversa ed alternativa alla Vostra. E se, alla fine, voleste ugualmente dar seguito al vostro progetto, c’è qualcosa che ciascuno di noi ha il diritto di pretendere: not in my name, s’il vous plait.

    Tra i primi firmatari:

    Massimo Zedda 6.1.76 (sindaco di Cagliari)

    Giulio Cavalli 26.6.77 (consigliere Regione Lombardia)

    Nicola Fratoianni 4.10.72 (assessore Regione Puglia)

    Rudi Russo 13.6.82 (consigliere Regione Toscana)

    Stefano Caliandro 26.1.75(presidente del consiglio provinciale di Bologna)

    Cristina Tajani 28.11.78 (assessore Comune di Milano)

    Alessandro Zan 4.10.73 (assessore Comune di Padova)

    Tommaso Montebello 16.6.86 (consigliere Comune di Forlì)

    Cathy La Torre 31.8.80 (consigliere Comune di Bologna)

    Lorenzo Cipriani 18.2.80 (consigliere Comune di Bologna)

    Lorenzo Del Lucchese 31.8.87 (Consigliere comunale Livorno)

    Alessandro Fusco 9.11.83 (consigliere Comune di Ancona)

    Paolo Pacifici 21.6.1975 (sindaco di Campello sul Clitunno)

    Simone Guerra 9.4.72 (assessore Comune di Terni)

    Elisabetta Piccolotti 10.2.82 (assessore Comune di Foligno)

    Ivano Bruschi 12.12.72 (consigliere Comune di Foligno)

    Matteo Santarelli (consigliere Comune di Foligno)

    Daniele Gili 21.3.86 (assessore Comune di Gualdo Cattaneo)

    Alfonso Morelli 9.11.79 (consigliere Comune di Narni)

    Riccardo Tiberi 20.2.84 (assessore Comune di Allerona)

    Marco Marchignani 10.10.84 (consigliere Comune di Allerona)

    Lorenzo Borgia 21.3.75 (vicesindaco Comune di Tuoro sul Trasimeno)

    Luca Sappino 23.2.88 (consigliere municipale Comune di Roma)



    Clicca qui per sottoscrivere la lettera:

    http://www.sinistraecologialiberta.it/articoli/riforma-del-lavoro-non-in-nome-dei-giovani/

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  4. SINISTRA ECOLOGIA LIBERTA': A FIANCO DEI LAVORATORI E DELLA CGIL

    Di Massimiliano Smeriglio,
    Responsabile nazionale Politiche economiche e del lavoro
    Sinistra Ecologia Libertà

    E Titti Di Salvo,
    Presidenza nazionale
    Sinistra Ecologia Libertà


    Ieri a Palazzo Chigi si definitivamente e traumaticamente chiusa l’epoca del “sistema dei diritti dei lavoratori”, il cui architrave era ed è l’art.18, l’impossibilità cioè di licenziare senza giusta causa e giustificato motivo, ovvero senza ragione e quindi ingiustamente.

    Sull’argomento della riforma del lavoro si sono ascoltate in questi giorni molte opinioni; moltissime per spiegare come fosse necessario procedere nel senso indicato dalla BCE, nessuna per argomentare perché fosse necessario modificare o meglio “svuotare” l’articolo del 18 per il bene dell’Italia.

    Perché se il problema dell’Italia è la crescita sostenibile, e quindi la creazione di posti di lavoro – e di lavoro “buono” – rendere più facili i licenziamenti è in tutta evidenza una soluzione sbagliata che rischia di realizzare l’opposto: lavoro precario e licenziamenti facili come scelta alternativa agli investimenti in innovazione; in definitiva: nessuna crescita.

    La proposta del governo, ad oggi annunciata nella conferenza stampa ma non ancora scritta, predica per quel che sappiamo molte cose buone ma sembra razzolare in opposta direzione:

    non estende nella sostanza garanzie e tutele ai giovani precari se non in misura minima;
    non elimina le tante forme della precarietà, se non gli stage, e quindi non riduce la segmentazione del mercato del lavoro;
    non rende universali gli ammortizzatori sociali, nonostante la acclarata fase di recessione;
    riduce la mobilità e quindi abbandona a loro stessi i lavoratori over 50, che saranno più facilmente espulsi dal mercato del lavoro senza essere accompagnati alla pensione, che è oramai un traguardo reso irraggiungibile da questa riforma;
    non offre formule tese ad incentivare l’investimento di aziende straniere in Italia, ma anzi apre la strada alla facile delocalizzazione all’estero dei comparti produttivi delle imprese italiane;
    non riduce il costo del lavoro, né agisce su quelli che sono i veri freni all’investimento nel nostro Paese: burocrazia esasperata, carenza di infrastrutture, altissima pressione fiscale.

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  5. Le norme contro le dimissioni in bianco (in realtà solo annunciate senza l’esplicitazione di un testo preciso e circostanziato) rappresentano così la foglia di fico di una proposta che non solo non ridà valore al lavoro, ma che anzi continua a sottrarglielo, assecondando l’idea aberrante che i diritti sono un ostacolo alla crescita.

    Ma la rottura non solo è stata esplicita, è anche stata enfatizzata dal Presidente del Consiglio con parole sul diritto di veto che speravamo di non dover più sentire , e che non possono non farci pensare ad un precisa strategia: quella di mettere nell’angolo la Cgil per mostrare ai mercati il senso di una riforma tutto muscolare ed appiattito sui desiderata dei mercati.

    Ieri dunque si è anche concluso il primo ciclo del governo Monti. Se lo si misura il con il metro dell’equità e con gli occhi dei diritti sociali (pensioni)e del lavoro il risultato è molto pesante: dopo la ricetta Monti l’Italia perde quel principio di equità sociale frutto di decenni di lotte e rivendicazioni. Un risultato figlio di un Governo oggettivamente sostenuto in Parlamento una maggioranza di centrodestra.

    Per questo qui e ora il centro sinistra deve indicare una visione ed una politica alternativa, e soprattutto affermare che la crisi è strutturale e che le ricette del governo tecnico non sono altro che la placida sottomissione all’obiettivo della BCE: lo smantellamento forzato del modello sociale europeo.

    Se il centro sinistra non coglie immediatamente l’occasione per “alzare la propria voce” è ovviamente destinato a sparire assieme ai diritti dei lavoratori e dei cittadini; la speranza di una prospettiva di un radicale cambiamento di passo è appesa alla nostra capacità di spiegare alla gente un “percorso possibile”, far percepire con nettezza la differenza concreta dei modelli che il centro sinistra saprebbe mettere in campo se potesse governare questo Paese.

    E’ il nostro compito, e dobbiamo affrontarlo con ogni sforzo, con grande lucidità ed estrema tenacia; in primis dimostrando vicinanza alla Cgil che, resistendo alle fortissime pressioni, ha con coraggio mantenuto la barra ferma ed invocato una prospettiva diversa, difendendola anche con la proclamazione dello sciopero generale.

    Di Massimiliano Smeriglio,
    Responsabile nazionale Politiche economiche e del lavoro
    Sinistra Ecologia Libertà

    E Titti Di Salvo,
    Presidenza nazionale
    Sinistra Ecologia Libertà

    Mercoledi 21 marzo 2012

    http://www.sinistraecologialiberta.it/articoli/a-fianco-dei-lavoratori-e-della-cgil/

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  6. SINISTRA ECOLOGIA LIBERTA': UNA BATTAGLIA DA FARE, SENZA SE E SENZA MA.


    Di Francesco Ferrara,
    Responsabile nazionale Organizzazione
    Sinistra Ecologia Libertà

    La Cgil ha tutte le ragioni di proclamare lo sciopero generale di otto ore contro la cancellazione dell’art. 18 dello Statuto dei lavoratori. Perché di questo e solo di questo si tratta. Dietro la casistica speciosa, la pelosa differenziazione tra licenziamenti discriminatori oppure solo disciplinari o ancora economici, si nasconde una realtà più cruda e più brutale. Il governo Monti sta cercando di fare quel che non era riuscito a Berlusconi: introdurre la libertà di licenziamento.

    Sarebbe un prezzo inaccettabile neppure se ci fosse una qualche sorta di compenso. La mazzata colpisce il più elementare diritto dei lavoratori, quello di non essere licenziati a piacimento, cioè di non essere considerati merce. Non c’è nulla che possa compensare la cancellazione del diritto, peraltro garantito dalla Costituzione, alla dignità dei lavoratori, che merce non sono e non devono tornare a essere.

    In questo caso, comunque, il dubbio neppure si pone: a controbilanciare l’eliminazione dell’art.18, nonostante promesse e impegni, nella proposta del governo non c’è niente. La situazione dei giovani non migliora affatto. Casomai, grazie alla sostituzione della mobilità e dell’indennità di disoccupazione con l’Aspi, un po’ peggiora. Per molti di loro, infatti, non sarà facile garantire le condizioni di accesso, due anni di lavoro con 52 settimane pagate, e in ogni caso la copertura non sarà più corta di quella sinora garantita.

    Noi saremo al fianco della Cgil nello sciopero generale, in tutte le altre mobilitazioni con cui certamente i lavoratori e i precari si opporranno a questa controriforma odiosa, in tutte le sedi politiche e istituzionali in cui abbiamo voce. Non lo faremo per testimoniare ma per raggiungere un obiettivo concreto e preciso: impedire che la libertà di licenziare diventi legge.

    Non è, non può e non deve essere una battaglia solo della Cgil e nostra. Riguarda tutti i lavoratori e tutti coloro che si battono per difendere i diritti e la dignità del lavoro. Sono le radici sociali, politiche e culturali del centrosinistra, la sua ragion d’essere. E’ la nostra gente, il popolo del centrosinistra: nessuno può pensare di abbandonarlo.

    L’intero centrosinistra avrebbe contrastato con massima determinazione questa identica legge se a firmarla fossero stati Berlusconi e Sacconi. Non c’è un solo motivo al mondo per non farlo se al loro posto ci sono Mario Monti ed Elsa Fornero.

    Francesco Ferrara,
    Responsabile nazionale Organizzazione
    Sinistra Ecologia Libertà

    Mercoledi 21 marzo 2012


    http://www.sinistraecologialiberta.it/articoli/una-battaglia-da-fare-senza-se-e-senza-ma/

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  7. ARTICOLO 18:GIOVANI AMMINISTRATORI DI SINISTRA ECOLOGIA LIBERTA' DI FOLIGNO INVIANO UNA
    LETTERA A MONTI E FORNERO.

    Ci sono anche i tre giovani amministratori folignati di Sel tra i firmatari della lettera che è stata inviata al Presidente del Consiglio Mario Monti e alla Ministra Elsa Fornero per denunciare i tanti problemi dei giovani precari che rimarranno irrisolti dopo la riforma del lavoro presentata dal governo ieri alle parti sociali.

    Non è in nome dei giovani che si può abolire l'articolo 18 - argomenta il testo della lettera, firmata dai Consiglieri Comunali Ivano Bruschi e Matteo Santarelli e dall'Assessore Elisabetta Piccolotti insieme ad altri, tutti nati dopo il 1970, tra cui il sindaco di Cagliari Massimo Zedda - perchè la generazione della precarietà, "esposta com’è al ricatto del mancato rinnovo di un contratto a termine, alla revoca improvvisa di un incarico di collaborazione a progetto o all’aleatorietà della committenza, ha chiaro il contenuto di questo diritto (pur non avendone quasi mai goduto, e forse proprio per questo!) quanto ce lo ha chiaro un operaio metalmeccanico della FIAT di Melfi: tale diritto è prezioso non soltanto al momento del licenziamento, ma anche e soprattutto durante il rapporto di lavoro, essendovi condizionato l’esercizio di ogni altro fondamentale diritto (sindacale, retributivo, alla professionalità, alla sicurezza sul lavoro ecc.). Questi diritti, anche se riconosciuti formalmente, resterebbero “muti” se il datore di lavoro potesse liberarsi di un lavoratore sgradito senza controllo sulla motivazione del licenziamento (soggettiva o economica che sia) e senza un efficace rimedio per i casi d’illegittimità."

    Per questa ragione, e per tutte le altre contenute nel testo integrale della lettera pubblicata da Il Manifesto, nell'edizione odierna, e nel sito nazionale di Sinistra Ecologia e Libertà, i giovani amministratori di Sel sostengono la Cgil che ha coraggiosamente indetto 8 ore di sciopero per protestare contro questa dannosa riforma e parteciperanno nelle prossime settimane a tutte le azioni che il sindacato metterà in campo sul territorio per contrastare i 'licenziamenti facili'.

    'Siamo convinti - dichiarano a chiusura - che anche a Foligno, dove la crisi economica sta provocando la perdita di centinaia di posti di lavoro, ci sarà una partecipazione molto forte a questa mobilitazione. Speriamo che il Parlamento decida di difendere la democrazia nei luoghi del lavoro e impedisca l'approvazione del testo. In caso contrario, come dice la nostra lettera, not in my name, s’il vous plait. Non in nome di noi giovani".


    Mercoledi 21 marzo 2011

    Fonte notizia :Umbrialeft

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  8. LAVORO E ARTICOLO 18, MAURIZIO LANDINI: CONTRASTEREMO LA RIFORMA NELLE FABBRICHE E NEL PAESE.

    ROMA "Con questa riforma uno puo' essere licenziato senza giusta causa e credo che sia una cosa che viola i principi costituzionali del nostro Paese. Ma questa e' una riforma che di riforma ha davvero ben poco, perche' l'Italia e' il paese con il piu' grande livello di precarieta' in Europa e non fa niente per ridurlo".

    E' quanto dichiara a Sky Tg24 il segretario della Fiom Maurizio Landini parlando della riforma del lavoro e sottolineando come sugli ammortizzatori sociali "non e' vero che li estende a chi non ce li ha. La nuova indennita' non viene estesa a chi e' precario. Ci stiamo raccontando delle cose non vere. Non e' una riforma che va nella direzione di eliminare la precarieta' e noi la contrasteremo con ogni mezzo nelle fabbriche e nel paese".

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