
«L’epoca del berlusconismo si chiude con il voto popolare,
prima c’è, meglio è per tutti»
RICCARDO BARENGHI
ROMA
Nichi Vendola non era in piazza col Pd ieri a Roma, ma nei discorsi tra manifestanti e dirigenti di lui si parlava spesso e volentieri: una sorta di convitato di pietra.
Come mai non è andato al corteo?
«Non esageriamo coi convitati... Non c’ero perché avrei introdotto un elemento da teatrino della politica, la mia presenza poteva apparire come una contrapposizione alla leadership del Pd. Però quella piazza rappresenta un presidio democratico fondamentale per il futuro del Paese. E’ il cuore popolare della domanda di alternativa al berlusconismo. E non lo dico certo come forma di galateo politico, ma perché ci credo profondamente».
Ma alla fine non sarà stata una manifestazione come tante, senza esito?
«Per le forze del centrosinistra ritrovare il proprio popolo è decisivo, anche la fisicità di una manifestazione è un’uscita di sicurezza rispetto alla tentazioni diaboliche di chiudersi dentro in rituali politicistici del Palazzo».
Sta alludendo a eventuali governi tecnici o di responsabilità nazionale nel caso di caduta di Berlusconi?
«Esattamente. Io penso che se cade Berlusconi si può, al massimo, dar vita a un governo che rifaccia quell’obbrobrio di legge elettorale. Ma certo non a un’alleanza tra destra e sinistra che si occupi di riforme economiche e sociali, visti i danni che su quel fronte ha provocato il berlusconismo. E il berlusconismo è il nemico da battere, anche senza Berlusconi».
Dunque, elezioni anticipate nel 2011?
«Oggi siamo sull’orlo di un precipizio, è urgente mettere in campo la prospettiva della salvezza per il Paese. L’Italia ha bisogno di un cambiamento radicale, un cambiamento che deve essere legittimato da una prova democratica. Quanto prima ci si congeda dal berlusconismo attraverso il popolo, meglio è per tutti gli italiani».
Prima delle elezioni dovrebbero però svolgersi le primarie del centrosinistra alle quali lei si è candidato con largo anticipo: lo sa che nel Pd sono sempre più forti le spinte per evitare questa prova del fuoco, visti anche i risultati di quelle pugliesi e milanesi?
«Sento anch’io in giro parecchi mal di pancia e preoccupazioni, ma non credo che questa stagione politica possa essere gestita con l’arma della furbizia. Anche la manifestazione di oggi ha un profumo di primarie. A me sembra evidente che le primarie siano ormai considerate da milioni di persone un modo per riappropriarsi della politica, moltissimi si sentono incoraggiati a venire verso il centrosinistra proprio grazie a questo strumento. Parlo degli operai che non vogliono tornare a relazioni industriali di tipo ottocentesco e che protestano sulle gru, di coloro che chiedono che la ricerca e la didattica non siano venduti come dentifrici e patate nei supermercati e salgono sui tetti, delle donne e dei giovani che pretendono più libertà, degli immigrati che chiedono cittadinanza. Le primarie sono l’incontro tra la politica e il Paese migliore».
Eppure si moltiplicano le pressioni per evitarle, forse hanno paura di lei.
«Sono poco interessato a cogliere tutti i mormorii della politica. Però penso che fermare le primarie, che peraltro sono state un fondamento per la vita del Pd, sarebbe come cercare di bloccare l’eruzione di un vulcano».
Da una metafora all’altra, lei ha detto che il suo partito, Sel, è un seme destinato a morire per far nascere qualcosa di più grande. Anche il Pd è un seme che dovrà morire con voi?
«Non voglio evocare immagini di morte ma di vita. Di vita per tutto il centrosinistra. E allora dico che la prospettiva di tutti noi dovrebbe essere quella di costruire il partito del futuro».
Secondo lei il progetto del Partito democratico è fallito?
«Non lo dico io ma lo dicono alcuni dirigenti di quello stesso partito. Io credo che l’orgoglio della propria comunità politica sia linfa vitale a condizione che non degeneri nella boria di partito. E questo insegnamento di Gramsci vale per i grandi e per i piccoli».
Morale della favola?
«La morale è che non dobbiamo discutere di se e come rifare il Pd, bensì di come e quando ricostruire il centrosinistra italiano. Il tema, ripeto, è il partito del futuro».
prima c’è, meglio è per tutti»
RICCARDO BARENGHI
ROMA
Nichi Vendola non era in piazza col Pd ieri a Roma, ma nei discorsi tra manifestanti e dirigenti di lui si parlava spesso e volentieri: una sorta di convitato di pietra.
Come mai non è andato al corteo?
«Non esageriamo coi convitati... Non c’ero perché avrei introdotto un elemento da teatrino della politica, la mia presenza poteva apparire come una contrapposizione alla leadership del Pd. Però quella piazza rappresenta un presidio democratico fondamentale per il futuro del Paese. E’ il cuore popolare della domanda di alternativa al berlusconismo. E non lo dico certo come forma di galateo politico, ma perché ci credo profondamente».
Ma alla fine non sarà stata una manifestazione come tante, senza esito?
«Per le forze del centrosinistra ritrovare il proprio popolo è decisivo, anche la fisicità di una manifestazione è un’uscita di sicurezza rispetto alla tentazioni diaboliche di chiudersi dentro in rituali politicistici del Palazzo».
Sta alludendo a eventuali governi tecnici o di responsabilità nazionale nel caso di caduta di Berlusconi?
«Esattamente. Io penso che se cade Berlusconi si può, al massimo, dar vita a un governo che rifaccia quell’obbrobrio di legge elettorale. Ma certo non a un’alleanza tra destra e sinistra che si occupi di riforme economiche e sociali, visti i danni che su quel fronte ha provocato il berlusconismo. E il berlusconismo è il nemico da battere, anche senza Berlusconi».
Dunque, elezioni anticipate nel 2011?
«Oggi siamo sull’orlo di un precipizio, è urgente mettere in campo la prospettiva della salvezza per il Paese. L’Italia ha bisogno di un cambiamento radicale, un cambiamento che deve essere legittimato da una prova democratica. Quanto prima ci si congeda dal berlusconismo attraverso il popolo, meglio è per tutti gli italiani».
Prima delle elezioni dovrebbero però svolgersi le primarie del centrosinistra alle quali lei si è candidato con largo anticipo: lo sa che nel Pd sono sempre più forti le spinte per evitare questa prova del fuoco, visti anche i risultati di quelle pugliesi e milanesi?
«Sento anch’io in giro parecchi mal di pancia e preoccupazioni, ma non credo che questa stagione politica possa essere gestita con l’arma della furbizia. Anche la manifestazione di oggi ha un profumo di primarie. A me sembra evidente che le primarie siano ormai considerate da milioni di persone un modo per riappropriarsi della politica, moltissimi si sentono incoraggiati a venire verso il centrosinistra proprio grazie a questo strumento. Parlo degli operai che non vogliono tornare a relazioni industriali di tipo ottocentesco e che protestano sulle gru, di coloro che chiedono che la ricerca e la didattica non siano venduti come dentifrici e patate nei supermercati e salgono sui tetti, delle donne e dei giovani che pretendono più libertà, degli immigrati che chiedono cittadinanza. Le primarie sono l’incontro tra la politica e il Paese migliore».
Eppure si moltiplicano le pressioni per evitarle, forse hanno paura di lei.
«Sono poco interessato a cogliere tutti i mormorii della politica. Però penso che fermare le primarie, che peraltro sono state un fondamento per la vita del Pd, sarebbe come cercare di bloccare l’eruzione di un vulcano».
Da una metafora all’altra, lei ha detto che il suo partito, Sel, è un seme destinato a morire per far nascere qualcosa di più grande. Anche il Pd è un seme che dovrà morire con voi?
«Non voglio evocare immagini di morte ma di vita. Di vita per tutto il centrosinistra. E allora dico che la prospettiva di tutti noi dovrebbe essere quella di costruire il partito del futuro».
Secondo lei il progetto del Partito democratico è fallito?
«Non lo dico io ma lo dicono alcuni dirigenti di quello stesso partito. Io credo che l’orgoglio della propria comunità politica sia linfa vitale a condizione che non degeneri nella boria di partito. E questo insegnamento di Gramsci vale per i grandi e per i piccoli».
Morale della favola?
«La morale è che non dobbiamo discutere di se e come rifare il Pd, bensì di come e quando ricostruire il centrosinistra italiano. Il tema, ripeto, è il partito del futuro».
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